Responsabilità sociale d'impresa
Sono sette i criteri di comportamento che dovranno essere applicati alla lettera da aziende e organizzazioni che vorranno fare della Responsabilità sociale d'impresa (Rsi) un impegno vero e non solo un atteggiamento "di facciata". A elaborarli è stato l'Iso (International organization for standardization),che li ha raccolti nelle linee guida delle futura norma Uni Iso 26000, le cui anticipazioni sono state rese note oggi a Roma durante il convegno "Uni Iso 26000: l'identikit dell'azienda responsabile del terzo millennio". Il primo principio è la responsabilità che l'impresa deve assumersi rispetto al suo impatto sulla società e sullo sviluppo, accettando eventuali controlli; il secondo è la trasparenza, in particolare rispetto ai suoi obiettivi di responsabilità sociale e alla provenienza delle risorse finanziarie; il terzo è l'etica: l'obbligo a comportarsi in modo onesto, rispettando le persone e l'ambiente; il quarto è il rispetto degli stakeholders; il quinto il rispetto della legge; il sesto il rispetto degli standard di comportamento internazionali e infine dei diritti umani.
"La Uni Iso 26000 rappresenta un salto di qualità epocale. Gli enti di normazione dei diversi paesi del mondo che decideranno di applicarla si sono fatti carico di indicare gli standard che possono definire l'impresa o l'organizzazione virtuosa, moderna e di maggior successo", ha detto Piero Torretta presidente di Uni. "Un'organizzazione riconosciuta dal pubblico come rispettosa dei diritti umani, dell'ambiente e dei diritti sindacali sarà anche maggiormente considerata sotto il profilo dell'affidabilità. La responsabilità sociale ha, infatti, evidenti riflessi sulla brand reputation, incidendo sul business". In questo particolare momento di crisi economica "bisogna saper scegliere le opzioni che si caratterizzano per la qualità", aggiunge Torretta, "e la responsabilità sociale è una scelta vincente per potersi qualificare rispetto all'offerta. Per far questo è necessario però un cambiamento culturale, cioè una crescita di consapevolezza rispetto a certi valori. Bisogna, quindi, promuovere le soluzioni di qualità e non le scelte più semplici che portano alla compressione del prezzo".
L'elaborazione delle linee guida Iso 26000 ha riunito 400 esperti e 175 osservatori provenienti da 91 paesi in tutto il mondo. "La rappresentanza italiana è stata particolarmente coinvolta in questo lavoro, non solo per quanto riguarda le imprese ma anche per le organizzazioni non profit e le organizzazioni pubbliche", ha sottolineato Alfredo Ferrante, direttore della divisione della Responsabilità sociale delle imprese, presso il ministero del Lavoro. "In futuro dovremo anche avviare un ragionamento su cosa significare la responsabilità sociale per le organizzazioni pubbliche." Ferrante ha poi ricordato gli altri soggetti istituzionali coinvolti nell'elaborazione delle linee guida Uni Iso 26000, la cui pubblicazione avverrà nel 2010: l'INAIL, il ministero dello Sviluppo economico, quello dell'Agricoltura e le Camere i commercio.
"La sicurezza sul lavoro é un tema fondamentale della responsabilità sociale", ha dichiarato, in merito, Lucina Mercadante, della Direzione centrale prevenzione dell'INAIL. "I punti chiave della redazione del documento sono il coinvolgimento, l'applicabilità estesa, la base volontaria, non prevedere un meccanismo di certificazione, non prevedere uno sviluppo secondo un modello di gestione". Non secondario è, infine, il ruolo dei consumatori, soprattutto nella richiesta di criteri validi per l'affidabilità delle imprese. "Il problema dei consumatori oggi è che sono consapevoli dell'incapacità del sistema di produzione e consumo attuale", ha aggiunto Pia Valuta, esperto Uni per le politiche peri i consumatori. "Ci sia aspetta, quindi, un'azione innovativa a livello di sistema e non soltanto un atteggiamento di charity. La richiesta di un cambiamento strutturale è sempre più forte. I consumatori vogliono che questo cambiamento sia inserito nel processo di innovazione dei prodotti. Sono gli stessi principi di cui parla anche il mondo dell'altra economia, e cioè inserire nei meccanismi di produzione anche parametri ambientali e sociali".
(ec/roma)
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